NUN SIMMO CCHIU’ ZINGARE ! NUN SIMMO CCHIU’ ZINGARE !
“La catastrofe che si abbatterà su Napoli , all’indomani dell’ unità d’ Italia, filtrerà attraverso il dettato lirico e malinconico di Di Giacomo, il realismo spregiudicato dei colori di Antonio Mancini, la testimonianza plastica del solitario talento scultoreo di Gemito, la pensosa ed amara ironia di Eduardo, la smorfia dinoccolata e contorta di Totò.” Poi c’è Raffaele Viviani. Nasce per trasferirsi “dalla vita alle scene” e darci memoria. Lo sberleffo sofferto della sua strabiliante maschera è rappresentativo della sofferenza di ogni creatura nel sentirsi schiacciata nel deserto-città. Ogni elemento del suo teatro parla da giudice: “Ce avimm” ‘a sulleva’/cu ‘e bbraccia noste;/cheste ‘e ttenimmo ccà;/so’ fforte e ttoste!”.
Allora diciamo subito che il dialetto di Viviani non è scritto per caso ma è una scelta compiuta da un grande intellettuale come lui e non da un poeta popolare, tra virgolette, per intervenire organicamente sulla verità. Il dialetto è elemento irrinunciabile di verità che Viviani pone come sfida all’ assurda condanna dei “dialetti” voluta dal fascismo, facendolo divenire strumento di conoscenza del reale intercalandosi criticamente fra la realtà presa così com’è e come dovrebbe essere:”Vulite essere sempe zingare, vuie?… Site uommene vuie? No! fino a quanno nun sarrate liberate d”a schiavitù, vuie site pecore!…”.
Questo pathos, vissuto come un incubo, è la ragione che fa di Viviani un grande intellettuale, un poeta italiano, universale, che nei modi del vernacolo napoletano si batte con forza al tentativo disperato di recuperare un senso di marcia verso il progresso per quella che lui stima una tribù di zingari che non vorrebbe fosse più tale, ma che già vede costretta alla sua eliminazione culturale. Il tentativo di risposta ad un bisogno di cultura che si fa sempre più urgente in una città come Napoli è la ragione per rendere giustizia ad un autore la cui produzione poetico-teatrale assolve sicuramente ad una funzione sociale alternativa.
Viviani è “la chiave” per riaprire un discorso di cultura, oggi più che mai stagnante per l’assenza di una democrazia compiuta. Un discorso nuovo che ripristini i fili di un dibattito approfondito sulle cause che danno vita alle attuali contraddizioni della nostra società.
di Ciro Ridolfini